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100 anni di Don Willy

In occasione dei festeggiamenti per i 100 anni dalla nascita di Don Willy Albisetti a Chiasso, mi è stato chiesto di spiegare cosa significa organizzare oggi il campeggio di Catto e quale futuro si prospetta.

Per parlare del presente occorre ritornare alle primavera del 2017: il ricordo è un po’ vago (la mia memoria è del resto notoriamente pessima), ma tutto nasce da Ettore Cavadini (e chi sennò), che convoca Elena Pellegrini-Medici e il sottoscritto e ci chiede se durante l’estate gli avremmo dato una mano a Catto, dove lui e Riccardo Camponovo avevano organizzato una settimana di campeggio principalmente per i ragazzi di scuola media. Come si poteva dire di no a Ettore, Nonostante?

Al termine di quella settimana arriva la fatidica domanda: “Per caso, non avreste voglia di provare a rilanciare il Campeggio di Catto? Ci sembra che ce ne sia un gran bisogno”, dicono loro… La risposta non poteva che essere affermativa, Nonostante…

Qualche settimana dopo Elena ed io ci troviamo con Gigio Coltamai, sempre presente quando c’è da dare un mano. Il Campeggio di Catto riparte così.

Nel 2018 saliamo con 31 ragazzi (per non appesantire il discorso userò solo la forma maschile, che al plurale include anche il genere femminile), 5 splendidi monitori, 6 volontari, 4 cuochi: quella settimana conferma che la magia di Catto è unica e che i nostri ragazzi hanno davvero bisogno di esperienze simili. Alla fine ci guardiamo negli occhi e decidiamo di proseguire, Nonostante…

Quest’anno, per la prima volta, dopo 5 anni siamo tornati ad organizzare il Campeggio di due settimane: abbiamo avuto più di 80 campisti, 21 volontari, 7 monitori, 11 aiuto monitori. In questi cinque anni, grazie anche a Claudio Schneeberger, Fabio Maestrini, Patrick Ferrari, Laurent Balogh (solo per citare coloro che ci sono stati sempre, o quasi)… abbiamo fatto fronte anche ad ostacoli impensabili: Nonostante la pandemia, anche nell’estate del 2020, con tutte le restrizioni e le difficoltà, siamo riusciti a portare a Catto 40 ragazzi. 

Catto è la testimonianza che il volontariato e l’amicizia sono una ricchezza impareggiabile e sono in grado di dare vita ad esperienze uniche. Ringrazio di cuore tutti coloro che condividono questa avventura con me e che qui rappresento come semplice portaparola: la presenza di ognuno di noi è fondamentale e il nostro contributo, grande o piccolo che sia, è essenziale. Grazie!

Il nostro compito però non è quello di rispecchiarci in quanto fatto (ne siamo orgogliosi, certo, e dobbiamo dirlo) ma seminare in vista del futuro: dall’inizio di questa nuova esperienza abbiamo monitori che ritornano tutti gli anni e si spendono senza riserve; diversi ragazzi che terminano la scuola media, e che quindi non possono più partecipare come campisti, chiedono di diventare aiuto monitori. Ad alcuni ne diamo la possibilità, ma è impossibile dare spazio a tutti e tutte, basti pensare che quest’anno abbiamo avuto 45 richieste! Non disperdere questo entusiasmo e questa enorme energia è una sfida che si aggiunge alla sfida, per noi organizzatori, ma non solo: per la nostra Chiasso direi.

Fra questi giovani, e fra quelli che seguiranno, ci sono coloro che riprenderanno il testimone e proseguiranno questa magnifica esperienza, iniziata una settantina di anni fa… Nonostante

“Nonostante”, termine che caratterizzava la parlata di Don Willy, è diventato il simbolo del campeggio e vorrei terminare questo intervento proprio con le parole di Don Willy:

“Dobbiamo credere nonostante

Dobbiamo sperare nonostante

Dobbiamo amare nonostante

Nella forza di questo

nonostante

ho tanto amato Voi

e ho servito la Chiesa”

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Cultura a Chiasso in tempo di Covid (CCC)

In questi mesi di chiusura o di servizio ridotto, molte persone hanno sentito la mancanza di teatri, musei e biblioteche. Gli operatori si sono prodigati per offrire forme alternative di fruizione, avviando iniziative che, si spera, potranno continuare anche quando tutto tornerà alla normalità.

Uno dei progetti di cui Chiasso può andare maggiormente fiera è quello denominato “Le stanze dell’arte”, che ha abbracciato diverse espressioni artistiche: disegno, grafica, scultura, musica… Alla sua base vi è l’idea di valorizzare giovani artisti ticinesi, diplomatisi di recente, che hanno avuto la possibilità di esporre allo Spazio officina o di esibirsi al Cinema Teatro, ottenendo visibilità anche sui canali social del Centro Culturale. Il rafforzamento dei legami e delle interazioni con il territorio circostante deve essere, a mio modo di vedere, uno degli elementi caratterizzanti dell’azione degli istituti culturali pubblici: ancora una volta Chiasso ha dimostrato, con i fatti, di essere capace di guardare lontano, senza dimenticare chi ci sta vicino e alimenta l’humus culturale del nostro territorio. E che rappresenta il nostro futuro.

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Congedo paternità? Certo che sì…

Che nel 2020, in Svizzera, sia ancora necessario convincere le persone dell’utilità per i padri, e le famiglie in generale, di beneficiare di dieci giorni di congedo per poter apprezzare fino in fondo la nascita del/della figlio/a non può sorprendere. Al di là di figure anacronistiche con tratti caricaturali che si aggirano per il Paese e il nostro Cantone, il ruolo del padre alle nostre latitudini e nella nostra società è ancora scarsamente compreso. Chi si occupa attivamente della prole, si sente spesso chiamare “mammo” ed è, a tutti gli effetti, una mosca bianca. La suddivisione dei ruoli soffre ancora del retaggio del passato e la visione stereotipata dei compiti delle madri e dei padri è ancora ben radicata e impregna la nostra vita quotidiana.

Cari papà, care mamme, al di là dei dieci giorni di congedo paternità, dobbiamo tutti lavorare sul significato di maternità e paternità, di genitorialità in generale, affinché diventi chiaro per tutti che uomo e donna hanno medesimi diritti e doveri anche in questo campo. E che questi diritti costituiscono una premessa imprescindibile affinché anche le donne possano ambire a migliorare la loro condizione.

In effetti, un’effettiva parità fra donna e uomo può essere raggiunta unicamente se a entrambi i sessi sono riconosciute le medesime possibilità nel mondo del lavoro: ossia, in concreto, quando un datore di lavoro potrà scegliere fra un uomo e una donna unicamente in base alle competenze, e non sarà spinto ad escludere le seconde perché potenzialmente lontane dal lavoro per mesi a seguito di una gravidanza. Per arrivare a questo, bisogna iniziare a concedere un congedo ai papà degno di questo nome, che crei una breccia e costituisca un primo passo per scardinare un sistema ancora prettamente maschilista, per non dire misogino.

SÌ, dunque, il 27 settembre al congedo paternità quale punto di partenza per una società in cui le immagini stereotipate siano finalmente superate e la genitorialità sia vissuta come un progetto comune che permetta alla coppia di garantirsi un supporto reciproco.

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La Chiasso del futuro

“Uno per tutti, tutti per uno” è il motto della Svizzera che campeggia sulla volta di Palazzo federale: sarebbe tempo di realizzarlo anche alle nostre latitudini, per dare alla nostra regione e ai suoi cittadini un futuro migliore.

Su La Regione di oggi trovate un mio contributo e la mia visione sulla Chiasso del futuro 
https://www.laregione.ch/…/di…/1422464/la-chiasso-del-futuro

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Oltre i campanili, problemi comuni

Chiasso mette a disposizione del basso Mendrisiotto, delle sue società e dei suoi cittadini numerose strutture sportive e culturali: il Palapenz, la piscina, la pista del ghiaccio, la pista di atletica, i campi da tennis, la biblioteca comunale, il teatro, lo Spazio officina, il museo, giusto per citarne alcuni. Per la sola ristrutturazione dell’unico palazzetto dello sport distrettuale, l’esecutivo ha appena licenziato un messaggio di più di 5 milioni di franchi. A livello di socialità, Chiasso ha lanciato e sostiene tuttora progetti di cui beneficiano anche persone che abitano al di fuori dei suoi confini. Strutture e servizi sono stati creati quando la situazione finanziaria del comune era rosea, provocando forse qualche invidia e malumore. La Chiasso di oggi e domani è chiamata a gestire al meglio la Chiasso di ieri, con minori mezzi finanziari, cercando nuove alleanze e collaborazioni. I comuni limitrofi, dal canto loro sembrano però rallegrarsi delle difficoltà della cittadina: recentemente, sulla Regione dello scorso 20 novembre, i loro sindaci hanno orgogliosamente sottolineato come la loro situazione finanziaria sia talmente buona da consentire loro di proporre una riduzione del moltiplicatore, senza disdegnare qualche stoccatina alla cittadina di confine, che evidentemente dev’essersi macchiata di qualche peccato originale. La campagna per le prossime elezioni comunali è già iniziata e questo fa parte del gioco.

Al di là delle provocazioni, penso non possa sfuggire ad alcuno che una Chiasso in difficoltà indebolisca tutto il basso Mendrisiotto e non giovi a nessuno. I veri problemi del nostro territorio non sono il moltiplicatore aumentato o diminuito di tre punti, ma il lavoro, il traffico, l’inquinamento, la pianificazione, i collegamenti ferroviari: temi sui quali stentiamo a farci ascoltare, per non dire che siamo quasi ignorati. Le decisioni vengono prese a un piano superiore e noi tendenzialmente le subiamo. Sarebbe ora di mettere da parte orgoglio e campanili, e di immaginare qualcosa di nuovo, coeso e forte, in grado di ridare credibilità a una regione sempre più emarginata. Personalmente non mi accontento di amministrare nel migliore dei modi ciò che ho ereditato da chi mi ha preceduto. Non è questo che si aspettano i nostri cittadini. Dobbiamo guardare avanti, allargare gli orizzonti, oltrepassare i confini comunali ed entrare finalmente nel secondo millennio, affrontando di petto i problemi e non nascondendo la testa sotto la sabbia o dietro a un moltiplicatore. Al di là della propaganda, tutti i comuni sono in difficoltà e devono affrontare progetti impegnativi, ristrutturazioni sempre rimandate, ammodernamenti,… Gli specchietti per le allodole sono pericolosi, sarebbe ora di rimuoverli. 

(Pubblicato sulla Regione del 26.11.2019)

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Congedo paternità: vittoria, sconfitta o pareggio?

Dieci giorni di congedo paternità da godere nei primi sei mesi di vita del figlio: è questo in estrema sintesi il risultato ottenuto con il lancio dell’iniziativa popolare federale “Per un congedo paternità ragionevole”. Indubbiamente un ottimo risultato, se pensiamo da dove siamo partiti (zero giorni), ma insufficiente se si considera l’obiettivo dell’iniziativa (venti giorni): insomma anche in questo caso si ripresenta il dilemma del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. 

Personalmente non riesco a gioire appieno di quanto raggiunto. Certo è molto, è innegabile, ma sono dispiaciuto che il comitato promotore si sia accontentato del compromesso parlamentare e abbia deciso di ritirare l’iniziativa, rinunciando di conseguenza a chiamare i cittadini alle urne. Meglio un uovo oggi che una gallina domani? Forse sì. Ma se la gallina fosse stata fertile? Coi se e coi ma non si va da nessuna parte, si obietterà. Pienamente d’accordo. Ma talvolta occorre anche rischiare

Il congedo paternità, e quello parentale ancora di più, sono però fondamentali per garantire una vera parità fra uomo e donna, non solo per permettere al padre di svolgere al meglio il proprio ruolo. In questi giorni si dibatte molto della pressione del mondo del lavoro sulle donne che riprendono le proprie attività dopo il congedo maternità: limitare il congedo paternità ai primi sei mesi di vita del bambino significa lasciare tutta la pressione proprio sulle donne. Normalmente i bambini sani iniziano ad ammalarsi dal sesto mese, oppure quando entrano all’asilo nido. Chi se ne dovrà occupare se il padre non avrà modo di farlo? Su chi ricadrà il giudizio della società per non prendersi cura in maniera adeguata del figlio? Sempre e solo, o quantomeno principalmente, sulla madre. Perché non prolungare almeno di altri sei mesi la possibilità di usufruire dei giorni di congedo? Una soluzione di questo tipo avrebbe garantito una maggiore equità di trattamento fra uomo e donna e, in ultima analisi, dato più sicurezze alla donna sul posto di lavoro. E reso questo compromesso un po’ più digeribile.

La mia non è una delusione aprioristica, ma circostanziata e basata anche sull’esperienza personale di padre che ha avuto la fortuna e la possibilità di ridurre la propria percentuale di lavoro per accudire le figlie, nella consapevolezza che ciò nonostante il grosso peso delle responsabilità sia pur sempre stato sopportato dalla madre. Per questo avrei preferito una votazione. Per questo si riparte più motivati di prima per l’ottenimento di un vero e proprio congedo parentale, che garantisca a padri e madri pari diritti e doveri, e ai bambini maggiore serenità.

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La cultura dei grandi e dei piccoli

Nelle ultime settimane il Caffè della domenica ha dedicato ampio spazio alla cultura, il che di per se è un fatto assolutamente positivo. È bene che l’opinione pubblica dibatta di questo tema, spesso confinato ai margini.

Nell’ultima edizione si è parlato dello statalismo della Sinistra in questo campo, mettendo in discussione i finanziamenti di Stato e magnificando il ruolo dei privati e delle fondazioni.

Certo il mio è un parere di parte (sono un esponente di Sinistra), ma è anche quello di una persona che si occupa quotidianamente di cultura nell’ambito della propria attività di municipale. Nella nostra realtà di Chiasso, che può vantare riconoscimenti importanti come il Premio Doron, attribuito per attività innovative e di pubblica utilità, ed è apprezzata anche al di fuori dei confini nazionali, il finanziamento pubblico è fondamentale: comune e Cantone garantiscono gran parte delle sovvenzioni di cui m.a.x. museo, Cinema Teatro e biblioteca necessitano. Il sostegno dei privati, certo importante e sicuramente molto apprezzato, è minimo e va strappato con le unghie. Sempre più difficile è infatti il coinvolgimento di mecenati e fondazioni in realtà piccole come quelle del nostro Cantone: sponsor privati e fondazioni sono interessati ai grandi eventi, alle grosse realtà, a chi dà visibilità. Chi cerca di fare cultura con numeri più piccoli deve arrabattarsi, pena l’estinzione. Se si vuole permettere alle piccole realtà di sopravvivere, il sostegno pubblico è imprescindibile. A meno che non si voglia rinunciare ad esse, ma questa non sarebbe una grande difesa della cultura, bensì degli interessi maggiori. 

Ampio spazio quindi alle sinergie fra pubblico e privato, che possono solo avere un impatto positivo sul settore e garantirgli una più ampia autonomia, ma ben venga anche lo statalismo della Sinistra, se questo significa adottare criteri qualitativi per l’erogazione dei sussidi, spingere gli attori culturali a lavorare secondo standard riconosciuti e garantire la pluralità delle voci sostenendo le piccole realtà con un occhio attento alle periferie. E se qualche fondazione ha voglia di investire a Chiasso, noi l’aspettiamo a braccia aperte.

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Di congedo paternità e parentale

Nei giorni scorsi si è molto discusso di congedo paternità, con il Consiglio agli Stati che ha approvato un controprogetto di dieci giorni da opporre all’iniziativa popolare che ne chiede venti. Si può vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: a me piace pensare che sia l’inizio di un cambio di mentalità che porterà i frutti desiderati.

Le reazioni e i commenti alla proposta del Consiglio agli Stati mi fanno però pensare che siamo ben lontani dal cambio di paradigma che la gestione familiare al giorno d’oggi richiederebbe. Da più parti ho sentito dire che il congedo paternità è dovuto perché il padre ha tutto il diritto di essere di sostegno alla madre. Se è vero, come credo, che la lingua ha la sua importanza, qui ritroviamo ancora la visione paternalistica e maschilista della società: noi uomini (dato che abbiamo la maggioranza nel parlamento) ci diamo 10 giorni di congedo per aiutare la mamma in un momento particolarmente delicato. Non è ciò che mi attendo.

L’uomo non deve essere di supporto o sostegno, ma deve condividere la gestione della famiglia, diventare protagonista, essere un interlocutore, assumersi responsabilità, compiti e doveri. Questa è la rivoluzione sociale che vorrei per il nostro Paese: uomini e donne sullo stesso piano, liberi di scegliere come impostare la vita, ma anche con gli strumenti utili a supportare tutte le scelte. Per questo io preferisco il congedo parentale a quello paternità e maternità: perché accomuna anche sul piano linguistico padri e madri in un unico congedo che permetta loro di gestire al meglio la nascita di un figlio. Battiamoci comunque per il congedo paternità quale tappa intermedia, perché è davvero assurdo che la Svizzera su questo tema sia posizionata fra le nazioni più restrittive (e lo sarebbe anche con le quattro settimane). Per favore però smettiamola di usare un linguaggio retrogrado: le donne non hanno bisogno di supporti, ma di partner.

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Per il Mendrisiotto e la Sinistra unita

One”, cioè uno o una. Da questa cifra normalmente ha inizio la numerazione, ossia, per estensione, si determina tutto ciò che è misurabile. L’ho scelta perché è una straordinaria canzone d’amore, che, spero non me ne vogliano gli U2, esprime alla perfezione la sinistra, i suoi travagli, il suo modo di essere. Dice infatti: «Noi stiamo insieme, ma non siamo uguali». E ancora: “Noi siamo uno, ma non siamo gli stessi” oppure «Ci feriamo l’un l’altro, poi lo facciamo di nuovo».

Non voglio annoiarvi con la mia biografia: chi è curioso troverà nel web le risposte alla maggior parte delle sue domande, vale a dire se sono sposato (sì, lo sono), se ho figli (sì, ho due figlie), se lavoro (sì, sono direttore della Biblioteca universitaria Lugano e membro del comitato di Bibliosuisse, l’associazione nazionale dei bibliotecari), se ho qualche hobby, se faccio volontariato, se, se, se…

Mi propongo a voi e agli elettori perché il Mendrisiotto ha bisogno della Sinistra: alle recenti elezioni cantonali, nonostante la presenza e gli ottimi risultati personali di Ivo e Anna, il nostro partito ha patito in termini percentuali. Vi sono numerosi candidati momò per il Nazionale, quattro solo di Chiasso, tra cui l’amica Jessica Bottinelli per I Verdi: segno che a livello federale si discutono temi importanti per la nostra regione. E noi socialisti non possiamo permetterci di lasciare campo libero alle politiche e idee altrui.

Ciò non vuol assolutamente dire che il sottoscritto ritenga il Mendrisiotto l’ombelico del mondo: dopo aver studiato a Friburgo, ho lavorato a Winterthur, per 14 anni a Bellinzona e da 6 sono a Lugano; ho girato il Cantone quale allenatore di calcio e annualmente organizzo una colonia in Leventina. Penso quindi di essere un buon conoscitore del Ticino e dei suoi problemi. E, grazie ai differenti progetti nazionali cui partecipo per l’USI, mi ritengo anche un buon conoscitore della Svizzera e delle sue dinamiche.

Mi metto a disposizione portando l’esperienza unitaria di Chiasso, dove tutta la sinistra e I Verdi collaborano e lavorano assieme. Credo fortemente che la sinistra debba essere unita: dal mio punto di vista non esiste un “più di” o “più a” sinistra, che già di per sé, con il “più”, introduce un rapporto di forza contrario a uno degli ideali della sinistra: l’uguaglianza. E se si è uguali, non si può esse più o meno.
Ci sono ideali in cui si riconoscono tutte le donne e tutti gli uomini di sinistra: l’uguaglianza, appunto, la libertà, la solidarietà, la giustizia sociale, la parità di genere, giusto per indicarne alcuni. E poi ci sono le sensibilità individuali, queste sì differenti, che magari ci fanno fare scelte di campo diverse. Ed è qui che ci spacchiamo, che regaliamo la vittoria ai nostri avversari politici: ogni differenza di vedute è vissuta come un dramma. Personalmente sono invece convinto che tutto ciò sia molto arricchente. Dobbiamo imparare ad accettare che anche dalla nostra parte, a sinistra, ci possano essere visioni puntuali discordanti, evitando che si sfoci in processi alle streghe o agli stregoni. D’altronde la tolleranza è un altro dei nostri valori, o almeno idealmente dovrebbe esserlo.

I temi che mi stanno a cuore? Molti, ed è impossibile snocciolarli tutti in questi pochi minuti. Mi concentro quindi solo su alcuni: proveniendo dal Mendrisiotto, direi la sicurezza, un tema che abbiamo lasciato alla destra ma di cui dobbiamo riappropriarci, abbinandolo alla componente sociale; poi il lavoro, con tutte le derive del precariato e del dumping salariale e il ruolo delle ex Regie federali; l’ambiente (e non potrebbe essere altrimenti), con problemi quali il traffico, l’inquinamento, la realizzazione della terza corsia fra Lugano e Mendrisio (da bloccare in tutti i modi), la continuazione di Alptransit a sud di Lugano in tempi rapidi; la conciliabilità lavoro-famiglia; il congedo parentale; e per finire, l’educazione a tutti i livelli, la formazione professionale, la ricerca scientifica e la cultura: temi fondamentali per il futuro dei nostri giovani e del nostro Paese, per i quali a livello federale vengono poste le fondamenta, all’immagine ad esempio del prossimo messaggio sulla cultura ora in consultazione.

In conclusione, voglio ringraziare di cuore la mia famiglia (oggi purtroppo assente per altri impegni), e in particolare mia moglie, per la sua vicinanza, e le compagne e i compagni del Mendrisiotto che in queste settimane mi hanno fatto sentire il loro sostegno. A tutte e tutti voi garantisco il massimo impegno per il nostro partito e i nostri ideali.

Per un rinnovamento economico

Sebbene l’economia stia rallentando, il mercato del lavoro tiene: è questo il dato saliente emerso in questi giorni da una nota della Segreteria di Stato dell’economia (SECO), secondo cui il tasso annuo di disoccupazione sarà del 2,3%, il valore più basso dal 2001. Tutto a posto, verrebbe da pensare. 

Le cronache quotidiane ci raccontano però di un mercato malsano, nel quale vige l’arbitrio e lo sfruttamento: donne licenziate dopo la maternità, personale interinale sfruttato, dumping salariale… La lista è lunga. È evidente che il settore necessita di maggiore regolamentazione e di un riorientamento: sicuramente fondamentali sono regole più ferree, controlli più incisivi e contratti collettivi di lavoro per gli ambiti sprovvisti; in prospettiva si deve però pensare a riorientare le attività economiche del nostro paese secondo criteri più ecologici, ossia più attenti ai rapporti fra uomo, ambiente e società.

La digitalizzazione crea molte opportunità, ma è anche fonte di rischi evidenti, come la scomparsa di alcune professioni. Questo processo va quindi accompagnato dallo Stato affinché la transizione causi il minor numero di danni possibili. Fra le possibilità concrete fornite dalla digitalizzazione vi è quella del telelavoro, che va introdotto o rafforzato, là dove possibile, regolamentandolo in termini di responsabilità, protezione dei dati, risorse a disposizione; oppure anche il lavoro a tempo parziale, allargato a qualsiasi grado gerarchico, il che permetterebbe alle donne di essere più concorrenziali per l’accesso ai posti dirigenziali e migliorerebbe la conciliabilità lavoro-famiglia in generale. 

Per un mercato del lavoro maggiormente di qualità, in grado di produrre il pluricelebrato valore aggiunto, è però necessario immaginare qualcosa di veramente innovativo, come proposto dal Piano Marshall per la transizione energetica, che prevede il progressivo abbandono del petrolio e delle fonti fossili. Attraverso questo piano di investimenti pubblici e privati, si vuole dare una nuova spinta alla nostra economia e all’industria, chiamata a convertire i propri metodi di produzione: investimenti che evidentemente creeranno nuove opportunità di lavoro per personale specializzato, da formare prevalentemente nelle nostre scuole professionali e universitarie. In questo modo si aprirebbero nuove prospettive di impiego per i giovani, i sistemi produttivi diventerebbero più sostenibili ed efficienti e la Svizzera potrebbe raggiungere il proprio obiettivo di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050.

La Confederazione ha oggi la possibilità di determinare il futuro della Svizzera: si impongono scelte coraggiose e lungimiranti, come lo furono in passato quelle che portarono alla costruzione della ferrovia del Gottardo e allo sfruttamento dell’energia idroelettrica. Scegliere di investire nei settori dell’alloggio, dell’idroelettrico e del fotovoltaico oggi significa migliorare le condizioni di vita dei nostri figli domani. Pensiamoci!